1. Nozioni anatomiche di base
I capelli crescono in piccoli gruppi di spesso due, o più raramente uno, tre o quattro capelli adulti e uno o due capelli miniaturizzati. Questi gruppi naturali formano quelli che chiamiamo comunemente “follicoli”.
I capelli si sviluppano per cicli che durano tra 3 e 5 anni (da 30 a 50 cicli in totale). I capelli hanno un diametro compreso tra 60 e 100 micron, ossia 0.1 mm. I follicoli sono separati gli uni dagli altri da una distanza di circa 1 mm.
Il capello è caratterizzato da numerose variabili: il suo colore, la sua struttura, la sua lunghezza e il suo diametro. Ognuna di queste caratteristiche ha una sua incidenza sulla densità apparente.
2. Embriologia
I capelli si sviluppano a partire dai peli tramite una differenziazione. Durante lo sviluppo embrionale il corpo è ricoperto di peli, una peluria molto fina denominata “lanugine”.
Durante lo sviluppo del feto in embrione, e poi in futuro bambino, i peli si differenziano e si trasformano progressivamente in peli o capelli, a seconda di dove sono localizzati. È piuttosto straordinario constatare la grande varietà di peli corporei che l’essere umano possiede. Essi si distinguono per la loro forma, struttura e lunghezza.
Per quanto riguarda i capelli, questi differiscono in termini di diametro a seconda delle zone. I capelli della nuca e delle tempie sono i più fini, mentre i capelli localizzati nella zona donatrice posteriore e nelle basette sono i più spessi. Può esistere inoltre una differenza di strutture o di colore a seconda delle zone.
Bisogna stabilire anche un’altra distinzione, specialmente per le persone che perdono i loro capelli, tra i capelli sensibili agli ormoni maschili e suscettibili dunque alla caduta e i capelli resistenti, non sensibili all’azione degli ormoni. Quest’ultimi rappresentano ciò che viene comunemente denominata la zona donatrice. È interessante notare che la loro origine embrionale è differente. Infatti, i capelli resistenti sono originati da un lembo di pelle che si sviluppa dalla nuca, mentre i capelli suscettibili alla caduta provengono da un lembo di pelle originariamente situato nel viso. Il primo si sviluppa da dietro in avanti e dal basso verso l’alto. Il secondo, invece, si sviluppa dalla zona anteriore verso il didietro. Questi due lembi alla fine si fonderanno l’uno nell’altro, un po’ come due colate di lava che si incontrano. È la velocità rispettiva di queste due crescite che determinerà la forma e il grado della calvizie. Più la zona superiore ha un vantaggio, più larga ed estesa sarà la calvizie.
3. L’origine genetica della calvizie
Nel 99,9% dei casi la calvizie è il risultato di una programmazione genetica. Perché ne siamo convinti? Se la perdita fosse dovuta a una tossicità, a una mancanza d’ossigeno, a un’allergia o ancora a una carenza di minerali o di vitamine (cioè a una causa “generale”) questa riguarderebbe chiaramente l’insieme dei capelli e anche dei peli. Invece, cosa osserviamo quasi sistematicamente? Un’evoluzione progressiva e regolare che segue un “pattern” – una geografia ben definita che si riscontra in numerosi individui. Siamo di fronte a un fenomeno che sembra “programmato” e che, in effetti, lo è veramente. Portiamo infatti dentro di noi sin dalla nascita, nascosti nel cuore dei nostri cromosomi, le informazioni genetiche che decideranno l’evoluzione della nostra capigliatura.
Non sappiamo ancora in maniera precisa quanti geni intervengano, probabilmente tra 5 e 10, forse svariate decine, ma è certo che essa non sia dovuta a un singolo gene. È tuttavia probabile che questa programmazione genetica si combini con un effetto ambientale. Una serie di circostanze, come lo stress o carenze di vario tipo, possono infatti amplificare la caduta in un dato momento dell’esistenza.
4. L’evoluzione nel corso del tempo
Viene spesso citato che la caduta dei capelli si manifesta a diverse età. Il 30% di uomini perde i suoi capelli a 30 anni, il 50% a 50 anni, il 60% a 60 anni e così via. Frequentemente entra in gioco un fattore ereditario: infatti, esiste spesso una similitudine tra la gravità e l’evoluzione della perdita di capelli osservata in un paziente e quella di un parente più o meno stretto che presenta anch’egli una calvizie (padre, nonno, fratello, zio, cugino). Sfortunatamente è molto difficile prevedere non solo quale sarà la tempistica dell’evoluzione della caduta, ma anche quale sarà lo stadio finale. La ricerca di capelli miniaturizzati permette frequentemente di determinare quali zone siano più suscettibili alla caduta.
La caduta dei capelli si contraddistingue inizialmente per una perdita di volume e di massa. I capelli non crescono più normalmente, restano corti e si presentano poco pigmentati. È importante sapere che è normale avere circa il 10% di capelli miniaturizzati. Tuttavia, nelle zone diradate o che lo stanno diventando, questa proporzione può raggiungere valori compresi tra il 50 e il 90%.
5. Come seguire l’evoluzione della calvizie?
È estremamente difficile seguire obiettivamente l’evoluzione di una calvizie. Bisogna essere estremamente rigorosi e utilizzare dei metodi affidabili e verificati.
Un primo metodo consiste nel classificare la perdita di capelli secondo la loro gravità e topografia. La prima persona ad avere definito gli stadi della calvizie è stata Norwood. Il suo sistema di classificazione è tuttora largamente utilizzato e permette di classificarsi in uno “stadio” appropriato al fine seguire la propria evoluzione verso lo stadio seguente.
Sfortunatamente questa classificazione non è rappresentativa di tutti i tipi d’evoluzione, dato che questi sono molto più diversificati dei pochi, grandi casi elencati da Norwood nella sua scala.
Per le femmine, la classificazione prevalente è quella di Ludwig.
Nel 2004, due colleghi americani – James Arnold e Bernard Cohen – hanno immaginato un sistema di controllo personalizzato che consiste nel misurare precisamente la “massa di capelli” presente su una data superficie. Il sistema à semplice: si tratta infatti di raccogliere dei capelli provenienti da una superficie di 1 cm2 in una piccola ciocca e di misurare il diametro di questa grazie a un apparecchio elettronico. Questo diametro rappresenta quindi l’indice di massa di capelli della zona data.
Il Dr Cohen ha anche suddiviso il cuoio capelluto in 100 unità superficiali, raggruppando poi queste in 10 zone che contengono ogni volta dei multipli di 5 unità superficiali. La classificazione di Cohen permette di ottenere una classificazione precisa della massa di capelli restante (che si esprime in percentuale, confrontandola con la massa di partenza). Per far ciò bisogna misurare la densità assoluta di ciascuna delle 10 zone e rapportarla alla densità massima (che si trova di solito parte posteriore dello scalpo – la cosiddetta zona donatrice). Il vantaggio è considerevole poiché questo sistema fornisce un vero e proprio profilo visuale che permette di localizzare rapidamente la zona dove la perdita è maggiore.
With the courtesy of Dr. Robert S. Haber. HABER, Robert S. et STOUGH, Dowling B. Classification Systems of Alopecia and Scalp Laxity. In : Hair Transplantation. Elsevier Saunders, 2006, p. 14.
È necessario molto tempo per realizzare queste misurazioni, tuttavia queste costituiscono senza dubbio il miglior metodo per controllare non solamente l’evoluzione spontanea di una calvizie, ma anche il risultato di un trattamento medico o chirurgico.
6. La capigliatura come un’illusione ottica
Vi è già capitato di ritrovarvi di fronte a un bosco di pini con i tronchi allineati l’uno all’altro? Avete notato che, da lontano, il bosco sembra denso ma quando vi avvicinate e poi entrate dentro l’impressione di densità diminuisce? La spiegazione è semplice: visti da lontano i tronchi, posizionati a profondità differenti, sembrano tutti situarsi sulla stessa linea, impedendo la vista e dando l’impressione di riempire tutto lo spazio.
l fenomeno è esattamente identico per quanto riguarda una capigliatura. Infatti, se si misura la superficie coperta dai capelli, si constata che questa non rappresenta che 8 cm2 sugli oltre 300 cm2 di cuoio capelluto, ossia appena il 2,5% della superficie totale!
Per gli amanti della matematica, ecco i calcoli:
Superficie dei capelli = numero di capelli * superficie d’un capello (3,1416 * raggio al quadrato)
S=100.000*0,05*0,05*3,1416=785 mm² = 7,85 cm²
7. Le nozioni di densità apparente e di densità reale
È stato recentemente constatato che la densità reale, in realtà, è straordinariamente bassa rispetto all’impressione di densità che fornisce. Ancora più straordinario è il fatto che sia possibile diminuire questa densità originale fino al 40% senza per questo percepire una qualsiasi differenza. Questa viene denominata densità apparente.
Si tende ad affermare che la densità apparente rimane stabile per diversi anni, anche se la densità reale diminuisce a causa della perdita di capelli. Questo è ciò che in realtà avviene nella zona anteriore durante il primo periodo della caduta: il paziente constata una perdita di capelli o una perdita di massa, ma l’entourage non la percepisce e spesso lo rassicura evocando una perdita immaginaria...
Questa nozione è cruciale e spiega perché un trapianto di capelli è realizzabile. Un trapianto di capelli corrisponde infatti a uno spostamento, a una redistribuzione più armoniosa della massa dei capelli.
La densità reale si esprime in numero di capelli per cm2, oppure per massa di capelli per cm2. Si tratta dunque di un valore oggettivo misurabile. La densità apparente, invece, rappresenta un valore soggettivo, un’impressione: è infatti il risultato di un’illusione ottica, dipendente da tutta una serie di fattori legati ai capelli e alla pelle soggiacente.
Dato che è possibile conservare una buona densità apparente nella zona donatrice dopo aver rimosso dei capelli a più riprese, possiamo dunque considerare l’opzione di impiantare questi capelli nella zona ricevente e di ottenere anche in questa zona una buona densità apparente - anche se è possibile raggiungere solo una frazione della densità originale (tra il 30 e il 50%).